Estratto dall’articolo di Tommaso Cerno per IlTempo.it
A Pescara si applaude Enrico Berlinguer. In piazza si bruciano le foto di Giorgia Meloni. E poi i fascisti sarebbero qui, nella città di Ennio Flaiano che la sapeva lunga su certe cialtronerie italiane e che, guarda caso, è sceso nel numero di citazioni della sinistra sul fascismo proporzionalmente a quanto sia salito il censurato immaginario Antonio Scurati.

Una sola frase: ma fatemi il piacere. Nell’inversione fra realtà e immaginazione, mentre gli eco terroristi spendono belle parole sul futuro del mondo poi lo riempiono di violenza, noi figli dell’Italia liberale, dove la dialettica prevede idee diverse ma si riconosce l’altro come interlocutore, ci facciamo quattro risate quando questa gente parla di democrazia e sventolala Costituzione come una clava.
La grande rosicata sta uscendo dagli argini, la critica è ormai insulto e perfino sulle chat che hanno la spocchia di chiamarsi 25 aprile (a testimoniare che a causa della sinistra non è la festa di tutti ma di chi vogliono Schlein, Bonelli e Fratoianni) si inneggia alla morte del generale Vannacci. La prossima volta fatevi un giretto a Pescara. Dove il popolo dei Fratelli d’Italia si alza in piedi quando sente pronunciare il nome di Enrico Berlinguer, quello che la segretaria del Pd ha stampato sulla tessera. Una standing ovation che vale più di mille abiure pubbliche fatte a babbo morto e soprattutto dopo un decennio di governi senza consenso popolare.

Quell’applauso seppellirà le bugie di una certa sinistra. È la risposta al vuoto pneumatico di idee e di programmi dell’opposizione. Il segno che la ragion d’essere va cercata nel nemico.

Diciamoci la verità. Ci si attacca ai feticci, veri e propri residuati bellici del secolo scorso, perché non si ha altro da aggiungere. Sono vecchi fantasmi, vecchio armamentario da soffitta che con una spolverata si fa tornare buono per dire qualcosa. Lo ha capito bene il generale Vannacci, che a due minuti dall’ufficializzazione della sua candidatura europea si è messo a sparare alto per vedere chi abboccava. Lui che cerca centralità nella corsa per fare un bel risultato e ha bisogno di quelli che mia nonna chiamava “tamburi”, non in senso musicale però, che ci caschino con tutte le scarpe.

Ed ecco che il Pd non solo abbocca, ma ci spende pure dei soldi, speriamo non pubblici, per fargli i manifesti elettorali. Con il faccione del Vannacci coperto dalla scritta “ignoralo”. Roba che Freud ci avrebbe fatto un altro dei suoi libroni di psicanalisi. Non gli è bastata nemmeno la surreale e poi drammatica campagna elettorale delle ultime politiche che hanno consegnato l’Italia a Meloni, quando il Pd guidato da Enrico Letta scelse di spiegare agli italiani non quale fosse la propria idea di Paese, bensì quanto cattivi fossero gli altri, i nemici, i neri, i fascisti. Anche allora riempirono l’Italia di manifesti bicolore, quelli che hanno determinato in buona parte la debacle politica e la fine della segreteria dell’ex pupillo del ben più lucido, pace all’anima sua, Beniamino Andreatta.

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