Fonte:LiberoQuotidiano 09 novembre 2021

Il sistema dei rimpatri è già di per sé complicato, ma con il Covid lo è diventato ancora di più. Questo perché gli immigrati che devono essere scortati nei propri Paesi di origine hanno imparato un banale “trucchetto” per evitare di salire sull’aereo: per legge devono infatti sottoporsi al test anti-Covid prima di potersi imbarcare, quindi se rifiutano il tampone non possono essere rimpatriati.

“Ormai sono a conoscenza della legislazione – ha spiegato Luca Pantanella, sindacalista dell’Fsp Polizia, a Quarta Repubblica – per cui rifiutando il tampone sanno che non possono essere espulsi perché non possono imbarcarsi sul volo”. Una questione decisamente spinosa da affrontare per il Viminale guidato da Luciana Lamorgese. Un nuovo problema che inceppa ulteriormente la macchina dei rimpatri che già prima del Covid faceva fatica a funzionare per bene.

In questo caso specifico, il problema è che gli stranieri da rimpatriare non possono essere obbligati a un Tso e quindi riescono ad evitare di salire sull’aereo che dovrebbe riaccompagnarli nel loro Paese d’origine. Anche grazie a questo “trucchetto”, sono oltre 54mila gli immigrati arrivati in Italia nel 2021: praticamente il doppio rispetto all’anno scorso e cinque volte rispetto al 2019, quando al Viminale c’era ancora Matteo Salvini.

Tra l’altro la stessa situazione era gia stata denunciata in un articolo del IlGiornale in data 1 Settembre 2021 di Alberto Giannoni

No tampone“. Così i migranti adesso evitano le espulsioni

Gli immigrati irregolari sfruttano le regole sanitarie dell’emergenza Covid per evitare le espulsioni. È quello che succede nel centro di via Corelli, a Milano, come in altre strutture simili in Italia. Domani ne parleranno le Regioni. «L’escamotage è semplice – spiega l’assessore alla Sicurezza della Lombardia, Riccardo De Corato (Fdi) – basta rifiutarsi di eseguire il tampone». Le compagnie aeree e marittime, infatti, richiedono con certificazione che i passeggeri siano negativi al Coronavirus. Non essere sottoposti al test (quello che milioni di italiani hanno già fatto, anche i bambini) equivale alla garanzia di restare sul suolo italiano. Quindi gli immigrati, che inizialmente mostravano rare contrarietà, adesso rifiutano regolarmente i tamponi. E le espulsioni che in via Corelli viaggiavano al ritmo di 5-6 al giorno, da gennaio si sono ridotte a due al mese circa: praticamente viene espulso solo chi vuole andar via, o chi è diretto ai pochi Paesi che non pretendono garanzie sanitarie. Gli altri, restano. «Succede – racconta l’assessore – che persone destinatarie di espulsione dopo aver commesso magari reati come rapina e stupro, dopo 120 giorni possano tornare libere. È chiaro che questo trucchetto ormai è risaputo da chi è nella struttura: tutti lo usano perché sanno che non esiste una legge che li obblighi a sottoporsi al tampone». «Alcuni agenti – rivela l’assessore – mi hanno raccontato che spesso gli extracomunitari tornati liberi vengono subito riarrestati per rapina o altri reati contro il patrimonio».

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