Fonte:Ilgiornale 18 Marzo 2021 di Giuseppe De Lorenzo

Due momenti diversi, due premier differenti per storia e aplomb istituzionale. Lo stesso identico luogo martoriato. Questo 18 marzo non è soltanto la prima giornata in ricordo delle vittime del Coronavirus. È anche e soprattutto il giorno della Dea. Il giorno in cui Mario Draghi sana una ferita ancora aperta, uno schiaffo che i bergamaschi ancora ricordano con dolore: la visita nottetempo di Giuseppe Conte, arrivato in città poco prima di mezzanotte. “Quella di Conte fu un’azione furtiva, credo più interessata al ritorno di immagine che a fornire vera vicinanza a noi familiari delle vittime”. Oggi invece “un passo avanti” è stato fatto.

Era il 28 aprile dell’anno scorso. Un secolo fa, a pensarci bene. Eppure ancora così vicino. Di quella visita, più che l’empatia mostrata dall’ex premier, a restare impressa nella memoria fu la sfuriata contro i giornalisti che gli chiedevano conto della mancata zona rossa in Val Seriana. Un passaggio e basta, comunque. Niente di più. Il solito banchetto di microfoni nel cortile della Prefettura. Qualche frase di circostanza. E poi via in direzione di Brescia – altra città martire – dove arrivò non prima dell’una di notte.


“Virus inatteso? Falso Ecco le colpe dello Stato”

Consuelo Locati, vulcanico legale che rappresenta oltre 500 familiari di vittime della pandemia, ricorda che il sedicente avvocato del popolo non ricordasse “nemmeno il nome dei Paesi focolaio”, cioè Alzano Lombardo Nembro. Le immagini della carovana di camion dell’esercito che lasciano la provincia orobica carichi di bare era ancora impressa nella carne, più che nella memoria dei lombardi. Eppure l’ex premier non mostrò attenzione al territorio, ai papà, ai figli, nipoti, nonni che avevano perso i loro parenti. “Ci ferì moltissimo – dice Locati – Il virus ci aveva strappato in maniera violenta le radici, ci sentivamo nell’abbandono più totale: quella visita fu uno schiaffo in faccia al dolore e alla dignità di chi è ancora in vita e dei nostri cari che non ci sono più”. E poco importa se oggi di buon mattino il neo leader del M5S ha ricordato su Facebook le “tante vite spezzate” e “il dolore per i tanti affetti perduti”. Bergamo aveva, ed ha, bisogno di fisicità: quando ci fu l’occasione di camminarle a fianco, preferì lasciarla sola.

Ecco la ferita che Draghi oggi è chiamato a sanare. Non serve molto, in fondo. L’ufficialità, intanto. Il presentarsi in pieno giorno. Le bandiere a mezz’asta a Palazzo Chigi. E la scelta di celabrare la prima giornata del ricordo proprio qui, nelle strade dove anche i più scettici di noi si sono accorti che forse non stava “andando tutto bene”. Paolo Casiraghi, residente ad Osio di Sotto, a marzo del 2020 ha perso il suocero, la suocera e il padre. Tre familiari stroncati uno dietro l’altro, come birilli. “La visita del presidente – dice – è sicuramente un atto di vicinanza al territorio”. Alessandra Raveane, che al nonno ha detto addio qualche tempo dopo la foto diventata simbolo di una epidemia, aggiunge: “Ho un ricordo terribile di quei giorni. Umanamente devastante. Mi vengono i brividi”.

A Brescia e Bergamo di notte Ira su Conte: ‘Così è offensivo’

Il premier arriva al cimitero monumentale in perfetto orario. Con lui ci sono il governatore Attilio Fontana e il sindaco Giorgio Gori. Draghi depone una corona di fiori. Ascolta la poesia, s’inchina. Un po’ impacciato. Forse non esattamente abituato. Niente parole, solo il silenzio suonato dalla tromba. Poi la cerimonia al parco Martin Lutero alla Trucca per piantare i primi 100 alberi del Bosco della memoria. “Vorrei mi sentiste vicino, nella tristezza e nella speranza”, dice qui il premier. “Avete vissuto giorni terribili, ma siamo qui per dire che non accadrà più che le persone fragili non vengano assistite e protette. Questo bosco sarà il simbolo del nostro riscatto”.

Certo anche oggi non sono mancate le polemiche. Il comitato Noi Denunceremo, che sin dalle prime fasi dell’epidemia denunciò gli errori nella gestione della pandemia, nelle scorse settimane si è diviso. Il Comune di Bergamo ha invitato una parte, rappresentata da Luca Fusco, tagliando fuori l’altra metà. “La scelta del sindaco Gori è inaccettabile”, sospira Alessandra. “A quanto pare – ribatte Paolo – decidono gli inviti considerando defunti di serie A e morti di serie B”. Molti dei familiari nei giorni scorsi hanno inondato di mail la casella postale di Palazzo Chigi, del Quirinale e del Comune nella speranza di ottenere un incontro. Il faccia a faccia con Draghi oggi non ci sarà. Ma il team di legali di azione civile fa sapere che Draghi si è reso disponibile per un appuntamento, anche in videoconferenza, nei prossimi giorni. “Ora ci sentiamo considerati – aggiunge Alessandra – Speriamo mantenga la promessa: vorremmo solo che ci ascoltasse, che sentisse da noi il racconto di quello che è successo”. Perché qualcuno, conclude Paolo, “dovrà pagare per tutte le inefficienze” che ci hanno portato sin qui. Solo così la ferità, oggi in parte sanata da Draghi, potrà finalmente dirsi rimarginata.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.