Lo studio che incastra Giuseppe Conte e il Ministro Speranza. “Ora avremmo meno morti”

 

Fonte:Ilgiornale 21 Marzo 2021 di Luca Sablone

L’Italia avrebbe potuto fare molto meglio non solo nella gestione dell’emergenza Coronavirus, ma anche nell’organizzazione della campagna di vaccinazione che consentirà – si spera nel più breve tempo possibile – di uscire dall’incubo della pandemia e tornare alla normalità a cui eravamo abituati. Un processo che chiederà ulteriori sacrifici e pazienza agli italiani, messi a dura prova già da diversi mesi con restrizioni e privazioni di libertà per contrastare la diffusione del Covid-19. Ma gli errori e i ritardi accumulati dal vecchio governo giallorosso potrebbero inevitabilmente prolungare i tempi e allontanare gli obiettivi da raggiungere, anche se il nuovo piano del commissario Figliuolo ha l’ambizioso traguardo delle oltre 500mila somministrazioni al giorno per arrivare a immunizzare l’80% della popolazione entro fine settembre. Nel frattempo è spuntato uno studio che mette all’angolo l’ex premier Giuseppe Conte e Roberto Speranza, che nella lotta al Coronavirus avrebbero potuto partorire una strategia certamente migliore.


Era possibile avere meno morti

Partiamo da una domanda: si poteva avere un numero minore di morti con la stessa quantità di vaccini utilizzati fino ad ora? Il risultato a cui è arrivato l’Istituto per gli studi di politica internazionale è che la riduzione di letalità che raggiungeremo a fine marzo (-21%) “la avremmo potuta raggiungere a inizio febbraio“. Dunque due mesi persi. L’analisi, firmata dal ricercatore Matteo Villa, evidenzia come a oggi la riduzione di letalità attesa sarebbe quasi quattro volte maggiore (-36%, contro il -10% effettivo di oggi), “e staremmo rapidamente veleggiando verso una riduzione del 54%“. In sostanza “decessi dimezzati rispetto a uno scenario senza vaccini“. Qualora fosse stata scelta la strategia ideale, “la stessa riduzione di letalità che faremo registrare tra due settimane (-21%, linea arancione) la avremmo raggiunta con quasi due mesi di anticipo, il 1° febbraio“. Se fosse stata data priorità agli italiani in età avanzata piuttosto che alla categoria professionale di appartenenza, l’abbattimento della letalità del Covid – ovvero il rapporto tra i deceduti e il numero totale dei contagiati dal virus – probabilmente sarebbe stato molto più rapido.

Solo il 15% ha ricevuto le due dosi

La media nazionale è insoddisfacente: come riportato dal Corriere della Sera, il 14,7% degli ultraottantenni è immunizzato al completo mentre il 28,2% ha ricevuto solamente la prima dose. Nell’ultima settimana abbiamo registrato una diminuzione purtroppo costante nella somministrazione di prime dosi agli over 80, scese in media sotto le 50mila al giorno. Il motivo non è da ricondurre alla cosiddetta “esitazione vaccinale“, ossia alla tendenza degli anziani a ritardare l’iniezione o a non farla dopo lo stop ad AstraZeneca. Il problema, sottolineato dal ricercatore Villa, “è che ora si tratta di somministrare anche i richiami, e le dosi sono quelle che sono“. Di questo passo l’obiettivo di immunizzare l’80% degli ultraottantenni sarà raggiunto solo il 22 aprile e bisognerà attendere l’11 maggio affinché tutti loro possano essere considerati protetti dal Covid-19.

I pasticci di Conte&Co

Per questo è arrivato il momento di accelerare e recuperare il tempo perso. A far luce sugli errori di Conte&Co è stata Mariastella Gelmini, secondo cui si poteva far certamente meglio per tutelare i più anziani: “Ma la confusione iniziale è eredità del recente passato e del fatto che, nella prima fase, il vaccino AstraZeneca era riservato fino ai 55 anni“. Ora anche le Regioni si aspettano un cambio di passo: subito dopo l’insediamento del commissario Figliuolo è stato varato, in accordo con i governatori regionali, il nuovo piano vaccinale per uniformare la campagna in tutto il Paese. “Si va avanti per fascia d’età e per fragilità. Due giorni dopo il varo del piano è scoppiato il caso AstraZeneca, ma con le nuove regole e l’organizzazione di Regioni, esercito e Protezione civile, recupereremo rapidamente il gap. Non serve centralizzare ma organizzare: occorre un grande sforzo corale e lo stiamo realizzando senza scavalcare le Regioni, ma aiutandole“, ha aggiunto il ministro per gli Affari regionali.

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