Fonte:liberoquotidiano 26 gennaio 2021

Matteo Renzi è stato decisivo ieri, lunedì 25 gennaio, per la scelta di Giuseppe Conte di dimettersi, come ha poi fatto questa mattina al Colle. Anche ieri il leader di Italia Viva è stato categorico: ha continuato a scartare l’ipotesi di un’astensione dei renziani sulla relazione di Alfonso  Bonafede: “Mi taglio le balle ha esclamato con gli emissari del Pd che hanno parlato con lui. Forse esagero, le balle no, ma dovrei essere del tutto ubriaco per astenermi su Bonafede. Hanno tentato per una settimana di soffiarmi il gruppo e ora mi chiedono la desistenza. Ma su!”, scrive Augusto Minzolini.

Una decisione che complicava i piani di Conte al Senato e che lo metteva con  le spalle al muro. Senza una maggioranza relativa sulla relazione Bonafede al senato, il suo governo sarebbe caduto e lui si darebbe giocato la possibilità di poter avere un nuovo incarico, ancorché esplorativo, se si fosse prima dimesso. La seconda cattiva notizia, scrive Minzo nel suo retroscena su Il Giornale,  è arrivata dall’Udc: nessuna intesa con il premier.

E l’idea del voto anticipata è sfumata in 48 ore. Alcuni big del Pd (Franceschini e Guerini) hanno convito Zingaretti e Bettini, principali sostenitori dem del premier Conte, che non era il caso. “Abbiamo fatto capire a Zingaretti che le elezioni anticipate non sono sul tavolo”, ha spiegato Guerini agli uomini della sua corrente dem.  E tra i gruppi grillini nessuno vuole sentir parlare di elezioni anticipate: il rischio di perdere il seggio crea molto allarme. Con queste premesse il premier, scrive il Giornale, si sarebbe presentato al Senato al dibattito sulla giustizia senza voti. Con la scelta di dimettersi invece gli rimane ancora una freccia al suo spuntato arco: potrebbe riuscire a fare il suo terzo governo; creando un suo gruppo al Senato, ma nei fatti si ritroverà sempre in balia di Renzi. Il leader di Italia Viva ha fatto capire quali sono le sue intenzioni: “Il Conte ter è tutt’ altro che entusiasmante. Anzi mi convince poco. Ma vediamo”. Insomma stavolta il cerino è tornato in mano a Conte che, questa volta, rischia di bruciarsi.