Fonte:LiberoQuotidiano 09 marzo 2022 di Francesco Carella
«Attenti alla Russia di Putin, si muove senza bussola». Il grido d’allarme arrivava da Harvard e portava la firma di Richard Pipes, sovietologo fra i più accreditati e già esponente di primo piano del Consiglio nazionale di sicurezza degli Stati Uniti durante la presidenza di Ronald Reagan. In una conversazione con Libero nel settembre 2008 il professore (scomparso nel 2018) non sembrava sorpreso né del Trattato con il quale Mosca s’ impegnava in quei giorni a difendere militarmente i confini dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia (allargando la sfera d’influenza russa), né dell’annuncio fatto dal Cremlino di aver testato con successo il lancio di un nuovo missile a testata multipla in grado di superare lo scudo protettivo americano.
«Temo- diceva – che Vladimir Putin porterà il suo Paese ad essere sempre più aggressivo all’estero e repressivo all’interno. Se così sarà la Russia rischierà l’isolamento, ma l’Europa vivrà momenti di grande inquietudine». L’ex consigliere di Reagan ricordava che «la strategia di Putin è chiara : aggredire i Paesi vicini con la scusa di proteggerli, per nascondere il suo vero obiettivo che è quello d’impedire qualsiasi interferenza straniera a ridosso dei propri confini». Parole che, rilette in queste ore drammatiche di aggressione all’Ucraina, sanno di profezia. «Il sogno di Putin continuava il professore – è tornare alla Grande Russia. In tal senso, può godere dell’approvazione della stragrande maggioranza dei suoi connazionali. Si presenta come il grande difensore della patria, promettendo ai suoi concittadini di difenderli in ogni modo dai nemici. Ed è ciò che buona parte della gente vuole sentirsi dire. Egli è amato particolarmente dai nazionalisti. Essi vedono in questa politica un modo efficace, per contrastare l’egemonia americana nel mondo. Essere antiamericani in Russia è ancora molto popolare».
Alla domanda circa l’esistenza di un possibile un legame fra l’autoritarismo putiniano e le tirannie sia zarista che comunista Pipes rispose che «si tratta di un legame potente. La cultura politica della Russia è decisamente conservatrice. Vladimir Putin si muove lungo il solco di questa tradizione. L’idea liberale secondo cui anche il governo deve essere soggetto alla legge non ha nulla a che vedere con la lunga storia russa. Ricordo sempre ciò che ripeteva il capo della polizia dello zar Nicola I, Conte Alexander von Benckendorff, a proposito di un editore che si rivolse a lui dopo avere subito il sequestro del proprio giornale senza alcuna valida ragione. Ebbene, raccontava Benckendorff, “la mia risposta fu gelida: le leggi sono scritte per i subordinati.