Estratto dall’articolo di Domenico Di Sanzo per IlGiornale

Sinistra sulle barricate contro la riforma che tutela chi vince. E Conte gufa: “Vi schianterete al referendum”.

Sono tutti schierati e sono sempre gli stessi. C’è il Pd di Elly Schlein e il M5s di Giuseppe Conte. Ci sono tutte le sfumature dell’opposizione tranne Matteo Renzi. Non mancano nemmeno i costituzionalisti. È il partito del ribaltone, in prima linea contro le riforme istituzionali proposte dal governo di Giorgia Meloni. In particolare, nel mirino c’è il premierato. Una svolta che, secondo i critici, esautorerebbe la Costituzione e trasformerebbe il presidente della Repubblica in una specie di notaio. Ma la verità è che l’avvento della «Terza Repubblica» annunciata dalla premier Meloni renderebbe impossibili i ribaltoni parlamentari che hanno permesso al Pd di stare in maggioranza per anni senza una vittoria alle elezioni. Le stesse alchimie parlamentari che hanno reso possibile l’impresa di Conte, a Palazzo Chigi da illustre sconosciuto. Prima con la Lega di Matteo Salvini e poi con i dem.

È un’opposizione che si prepara a salire sulle barricate, spinta dall’istinto di autoconservazione. «La riforma stravolge la Repubblica parlamentare, indebolisce il Parlamento e le prerogative del presidente della Repubblica», scandisce il solito mantra Schlein in un’intervista a Avvenire. Quindi annuncia battaglia: «Noi contrasteremo la riforma con ogni strumento a disposizione in Parlamento e anche fuori». A margine di un’iniziativa del Pd a Roma, la segretaria usa toni ancora più aggressivi: «Quello del governo è un progetto non per governare ma per comandare». Insomma, il Pd dei ribaltoni butta la palla in tribuna ed evoca spettri autoritari. Non è un caso che proprio i dem si siano ritrovati in maggioranza nei governi di Mario Monti, Enrico Letta, Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Conte II e Mario Draghi senza aver prevalso alle elezioni.

E chi più di Conte si intende di cambi di casacca e stravolgimenti di maggioranze. L’avvocato arriva a Palazzo Chigi nel 2018 come oscuro notaio del patto populista e sovranista tra Salvini e Luigi Di Maio. Poi si impone come premier progressista a settembre del 2019, grazie a un ribaltone che estromette il Carroccio e porta in maggioranza il Pd e Italia Viva, oltre al M5s. Conte affida il suo pensiero a Repubblica e va all’attacco: «Il premierato è la risposta sbagliata, distrugge l’equilibrio dei poteri e rende il capo dello Stato nient’altro che un passacarte». Il leader Del M5s si lancia in una previsione: «La maggioranza si convinca a modificare in Parlamento il ddl, altrimenti si andrà a schiantare sul referendum confermativo». Va oltre il leader dei Verdi Angelo Bonelli. Bonelli dice che «Meloni vuole diventare imperatrice». Poi annuncia la creazione di comitati a difesa della Costituzione e del Capo dello Stato. Infine lancia l’allarme: «La proposta di riforma costituzionale della premier Meloni è una svolta autoritaria». Alzano le barricate anche Nicola Fratoianni, sempre dell’alleanza Verdi e Sinistra, e Riccardo Magi di Più Europa.

Sono più pensosi i rilievi mossi da alcuni costituzionalisti di sinistra. In prima linea Gustavo Zagrebelsky. Il professore sabato su La Stampa ha smontato tutta la proposta del centrodestra, sostenendo che Fdi non può modificare la Costituzione in quanto erede di un partito che non ha scritto la Carta. Il richiamo al fascismo è dietro l’angolo. Più prosaico Massimo Giannini, che su Repubblica ha parlato di «golpetto all’amatriciana». Sugli stessi giornali si è adombrata la possibilità delle dimissioni di Sergio Mattarella, con Giuliano Amato che su Rep ha tuonato: «Stravolto il sistema basato sul Parlamento». Salvate il ribaltone.

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