Estratto dall’articolo di Fausto Carioti per LiberoQuotidiano.it

Cos’è un partito? È le battaglie che fa, le cose in cui crede. Non tutte, s’intende: un’aliquota fiscale al 30 o al 35% non cambia l’identità di un partito, e nemmeno fissare l’età pensionabile a 67 anni anziché a 65, perché poi c’è sempre la realtà con cui bisogna misurarsi. Ma alcune di quelle battaglie e di quelle idee sono identitarie: costituiscono il dna di una formazione politica e insieme la sua ragione di esistere. Se le levi, tutto il resto crolla.

Per Forza Italia, dalle origini, il “core business” sono le garanzie individuali dinanzi allo Stato, e dunque la riforma garantista della giustizia. Per la Lega di Matteo Salvini è la battaglia per la sicurezza, che si porta appresso quella contro l’immigrazione clandestina. Per il «nuovo Pd» di Elly Schlein, come lo chiama lei, queste battaglie e queste idee sono i diritti civili, nella versione estremista mutuata dall’ala radicale del partito democratico statunitense, ben rappresentata dalla stellina Alexandria Ocasio-Cortez.

Basta leggere la mozione con cui la Schlein si è candidata, vincendo, alla segreteria. «Il Partito Democratico che vogliamo costruire», afferma in quel documento, «è in prima linea per i diritti LGBTQIA+. Dobbiamo continuare a batterci per una legge contro l’omobilesbotransfobia, l’abilismo e il sessimo, per contrastare le discriminazioni e l’odio che colpiscono ogni giorno le persone. Vogliamo che il matrimonio sia un istituto aperto a tutte e tutti, con il pieno riconoscimento dei diritti delle famiglie omogenitoriali e la fine della discriminazione subita dalle loro figlie e figli». Eccetera. La battaglia per i meravigliosi «diritti civili», insomma, non è un tema qualunque, ma l’essenza del partito della Schlein, ciò che lo definisce. E dunque il Pd tutto può fare, tranne che astenersi su di essa. Perché, appunto, sarebbe come se Forza Italia si dichiarasse neutrale dinanzi alla separazione delle carriere dei magistrati, o se la Lega si rifiutasse di votare una norma contro l’immigrazione clandestina.

È proprio questo, invece, ciò che è successo ieri. Nell’aula della Camera si è votato un emendamento proposto dal radicale Riccardo Maggi, candidato ed eletto a settembre nelle liste del centrosinistra, sulla gestazione “solidale” per altri, ovvero sull’utero concesso in disinteressato omaggio anziché in affitto (a sinistra c’è chi crede che una pratica del genere esista davvero, e non sia un banale paravento dietro al quale si nascondono pagamenti in nero). La Schlein stessa, di recente, si è dichiarata «personalmente favorevole alla Gpa», coerente con i voti che aveva già espresso da deputata europea.

Parlamentari e dirigenti del Pd ne hanno discusso per ore, di notte e ancora ieri mattina, con toni «molto accesi», racconta chi era lì. La Schlein, collegata a distanza da Bruxelles, dove si era rifugiata dai leader della sinistra latinoamericana (quando el pueblo unido chiama bisogna rispondere), spingeva assieme alle sue amazzoni affinché quell’emendamento fosse votato da tutti, ma la maggioranza degli eletti, incluse molte femministe, non ne voleva sapere. Votare no, però, non si poteva, perché avrebbe significato contraddire la linea della segretaria. Andare divisi e votare secondo coscienza, peggio ancora: il voto si sarebbe tramutato in una conta interna da cui la segretaria sarebbe uscita sconfitta.

Così il Pd ha deciso di non partecipare a quel voto, semplicemente perché ogni alternativa sarebbe stata peggiore. Un partito in fuga dalla battaglia su cui dovrebbe ricostruire la propria identità. La vicenda racchiude tutto il dramma della principale forza d’opposizione, alla quale la Schlein ha offerto la terapia sbagliata. È arrivata lì convinta che la malattia del Pd fosse la moderatezza: curabile con una brusca sterzata a sinistra, l’inchino quotidiano al fondamentalismo ambientalista e tre iniezioni di «Woke» a settimana. Una terapia sbagliata, perché la sindrome che affligge il Pd è un’altra: non avere nulla che ne tenga insieme anime tanto diverse, ora che il potere, l’unico collante in grado di fare il miracolo, non c’è più, e chissà quando tornerà.

 

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