Fonte: IlTempo.it

L’ultimo avvitamento è compiuto, cade il tabù definitivo, quella della metamorfosi finale: nel Movimento 5 Stelle, quello della lotta alla casta e del Parlamento come una scatoletta di tonno, vogliono il finanziamento pubblico ai partiti. Esatto, avete letto bene. A sganciare la bomba è l’ex ministro grillino Stefano Patuanelli: “È necessario reintrodurre il finanziamento pubblico ai partiti”, sono le sue parole riportate dal Corriere della sera. Patuanelli è conscio che avranno un “effetto dirompente” e per questo probabilmente sarà insultato, si spiega nell’articolo di Francesco Verderami, ma l'”outing”, così viene definito, appare condiviso in Parlamento anche al di fuori del circolo M5s. Il capogruppo parla “a titolo personale” ma è convinto che ormai non c’è altra strada per il partito guidato da Giuseppe Conte ma non solo.

“i cittadini devono sapere quale nodo da sciogliere sta dietro il finanziamento: bisogna garantire alle forze politiche l’esercizio delle loro funzioni democratiche” afferma Patuanelli, consapevole che in passato “la mole di risorse pubbliche fu tale da tutelare anche chi non ne aveva diritto” che i soldi dei cittadini sono stati gestiti “spesso in modo improprio e a volte in modo illegale”. Battaglie dei grillini della prima ora. Adesso tutto è cambiato. Non è tempo di lotta alla casta, se nella casta si è dentro con tutte le scarpe. Come giustificare l’acrobazia? Ai tempi si confusero i “costi della politica” con i “costi della democrazia, ragiona Patuanelli.

I partiti sono costantemente a caccia di soldi per sopravvivere: “Tutti gli eletti compartecipano alle spese delle forze di appartenenza con le trattenute sui loro stipendi da parlamentari. Persino i seggi hanno un costo: so che il Pd chiede cinquantamila euro a chi lo conquista” rivela il capogruppo 5Stelle. Il rischio è che faccia politica solo chi see lo può permettere. Ma quindi che fare? Patuanelli suggerisce di fare come nel Parlamento europeo, che finanzia i gruppi e controlla l’uso dei fondi.

 

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