Estratto dall’articolo di Natalia Delfino per il Secoloditalia

La paura, il cambio di abitudini, la sensazione di doversi nascondere. A raccontare come vivono oggi gli studenti di religione ebraica nelle università italiane è Anna Tognotti, 22enne torinese iscritta al Politecnico e consigliere dell’Unione giovani ebrei d’Italia. “Abbiamo fatto un sondaggio e quasi 9 persone su 10 tra i ragazzi ebrei hanno cambiato le loro abitudini”, ha raccontato, spiegando che le emozioni diffuse tra questi ragazzi sono “angoscia, paura, tristezza, preoccupazione” e che molti finiscono per nascondere la propria identità. Si tratta di una testimonianza che conferma che nei nostri atenei c’è poco da fare distinzioni tra antisionismo e antisemitismo, poiché il primo è diventato di fatto solo l’etichetta dietro cui mistificare il secondo.

Gli studenti ebrei costretti a nascondersi per paura

“Ci sono studenti ebrei che hanno smesso di seguire le lezioni all’università ed è un fenomeno che sta accadendo in tutta Italia. Non portano più la kippah in luoghi pubblici, non parlano più in ebraico, non utilizzano il proprio nome e cognome se tipicamente ebraico, non utilizzano oggetti o indumenti che siano riconducibili alla loro identità”, ha spiegato la ragazza in un’intervista a Repubblica. “Siamo spesso assimilati agli israeliani, ma noi siamo italiani”. “Se sono ebrea – ha proseguito – non devo certo rispondere a tutto ciò che succede in Israele e quindi voglio vivere tranquilla nel mio Paese, che è democratico e libero”. Tognotti, rispondendo a una domanda di Francesca Bolino che firma l’intervista, ha ammesso la sensazione di pericolo che vivono i ragazzi ebrei, tanto fare un paragone con “ciò che hanno vissuto i nostri nonni che conosciamo dai racconti dei nostri genitori”.

Dagli sputi alle scritte sui muri: gli episodi di antisemitismo nelle università

“Nei primi trentacinque giorni dopo il 7 ottobre abbiamo ricevuto ventotto segnalazioni. Da questo sondaggio abbiamo rilevato che un ebreo su due è vittima di episodi di antisemitismo. E questo in uno stato democratico non è accettabile”, ha aggiunto, riferendo di alcuni episodi di esclusione, aggressione e intimidazione di cui hanno avuto testimonianza dalle università, tanto ai danni di studenti ebrei quanto ai danni di chiunque osi non sposare acriticamente la posizione dei collettivi. “Ci sono studenti non ebrei che si battono per la democrazia in Medio Oriente, quindi in Israele, che sono stati esclusi da movimenti politici universitari a causa delle loro idee. A qualcuno hanno sputato addosso perché indossava la collana con il magen David (la stella di Davide). Ci sono state lezioni interrotte da gruppi che urlavano slogan per l’Intifada e sventolavano la bandiera della Palestina. Nei bagni e sui muri di scuole si trovano frasi violente contro gli ebrei e Israele”.

La studentessa: “Se i ragazzi non sono a proprio agio all’università, l’università ha fallito”

L’Ugei ha creato una linea telefonica per raccogliere le segnalazioni e Tognotti ha rivolto un appello agli studenti, ebrei e non, affinché denuncino episodi di questa natura. “L’antisemitismo è un problema che riguarda tutti, non solo noi, perché siamo in un Paese democratico. Se una ragazza o un ragazzo non si sentono a proprio agio all’interno dell’università significa che l’università in quanto istituzione ha fallito ed è ancora più grave quando questo studente appartiene a una minoranza. Noi siamo per la libertà di espressione che va sempre tutelata e non può diventare la scusa per legittimare l’odio e la violenza”, ha chiarito, rivendicando la posizione “contro tutti i boicottaggi”. “La democrazia è a rischio se accade che le università vogliono interrompere il legame con quelle israeliane. Le università sono fondamentali per la crescita culturale di tutti. Israele è il Paese che ha il più altro tasso di premi Nobel, quindi avere rapporti con gli studiosi e i ricercatori israeliani è importante per tutti”.

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