Estratto dall’articolo di Annalisa Chirico per IlTempo

L’impostore. Gli impostori. Un finto africano, un vero africano. La cronaca degli ultimi giorni sembra ispirarsi alla figura di un celebre romanzo di Javier Cercas. Due «comici» russi bucano la rete di sicurezza (e la squadra di 21 diplomatici) di Palazzo Chigi, uno dei due si finge Presidente della Commissione dell’Unione africana e riesce a interloquire con il presidente Giorgia Meloni. C’è poi un africano purissimo, Aboubakar Soumahoro, di origini ivoriane, anch’egli impostore, non già per i presunti reati addebitati a sua moglie e alla di lei madre ma per la palese finzione che ha segnato la sua ascesa politica. Da eroe dei migranti, celebrato dai Saviano e dai Damilano, a macchietta in una vicenda cialtronesca che, osservata con gli occhi di oggi, appare come una colossale montatura volta a ingannare le masse (e a trovare una poltrona per il buon Aboubakar).

Su Soumahoro non pesa soltanto l’ombra dei gravi reati di cui sono accusate moglie e suocera (entrambe agli arresti per frode in pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta, autoriciclaggio). Su Soumahoro non pesano soltanto le irregolarità sui contributi elettorali riscontrate dalla Corte d’appello di Bologna che hanno portato la commissione elettorale di Montecitorio ad avviare l’iter per la decadenza del parlamentare. No, su Soumahoro pesa come un macigno la flagrante menzogna che ha costruito negli anni attorno alla propria figura. Si spacciava per il difensore dei migranti mentre i migranti venivano sfruttati dalle cooperative della famiglia della sua compagna il cui stile di vita, come documentato dai magistrati di Latina, era del tutto incompatibile con la narrazione «dalla parte degli ultimi».

Secondo la procura, la solidarietà delle cooperative di famiglia si sarebbe manifestata esclusivamente verso i familiari di Soumahoro mentre i migranti venivano tenuti in stamberghe infestate da topi e blatte. La signora Soumahoro acquistava borse griffate, i migranti non avevano di che sfamarsi. E proprio i migranti, inclusi quelli della «Lega braccianti» fondata da Soumahoro, si sono ribellati alla grande impostura. Ed è incredibile che ad oggi i soloni della sinistra mediatica non abbiano trovato il tempo di chiedere scusa del loro abbaglio ai cittadini ingannati dalle copertine terzomondiste. Neppure la lacrimevole arringa di Soumahoro in difesa del «diritto all’eleganza» della consorte ha sortito un accenno di autocritica. Viene da domandarsi, al di là dei reati: ma Soumahoro non si era accorto che qualcosa non tornava nell’allegra e dispendiosa gestione economica della compagna? Di ben altro tenore invece appare lo «scherzo» dei due comici russi che, va detto, non sono nuovi a trovate di tal guisa ( in passato sono stati capaci di interloquire, con l’inganno, con Angela Merkel, Boris Johnson, Henry Kissinger, Jens Stoltenberg). Colpisce che da qualche tempo I fuori onda e gli scherzetti si addensino, come una nuvola, su Palazzo Chigi. Il premier Meloni ha ribadito una linea sostanzialmente coerente con la politica estera del nostro Paese (la «stanchezza» intorno al conflitto ucraino e la necessità di individuare una via negoziale non sono certo un elemento inedito).

E tuttavia non può passare inosservato il fatto che i due comici abbiano una predilezione per interviste sempre volte ad avvalorare le tesi favorevoli al Cremlino. Una singolare coincidenza che, in tempi di guerra ibrida, dovrebbe indurre a rafforzare la difesa della nostra sicurezza nazionale. In un mondo di impostori, è meglio tenere alta la guardia.

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