Fonte:LiberoQuotidiano

Sta facendo molto discutere l’ultima inchiesta di Report, programma investigativo di Rai 3 condotto da Sigfrido Ranucci, che ha indagato su due società dei deputati del Partito Democratico: una per gestire il Prdi, per Alessandro Zan, l’altra per le consulenze sulla certificazione della parità di genere, per Michela Di Biase.

Sono loro, dunque, ad essere finiti nel mirino. Non per violazione della legge, quanto per i conflitti di interesse scaturiti dalla loro posizione politica, perché titolari di società che trattano temi di interesse prioritario del partito a cui appartengono, cioè i diritti lgbt e la parità di genere, appunto.

Alessandro Zan è il promotore, a Padova, del festival Lgbt più grande d’Italia, attraverso la sua società “Be Proud srl”, di cui è amministratore unico. Fatturato annuo di oltre 1 milione di euro. L’attivista è stato intercettato dall’inviato di Report, Lorenzo Vendemiale, che gli ha chiesto: “Due domande sul Festival. Avete messo su un bell’evento sponsor, concerti, anche birra, pizza… ma si può dire che questo è a tutti gli effetti un evento commerciale». Il deputato Pd non ci sta: “No, no, è un evento dove tutto quello che viene guadagnato viene riversato nell’iniziativa e dunque non c’è nessun tipo di guadagno”.

Per Michela Di Biase, fondatrice di “Obiettivo 5”, società per la consulenza della certificazione della parità di genere, la contestazione del team di Ranucci è che abbia tratto vantaggio dai suoi appoggi politici, visto anche che è la moglie di Dario Franceschini, ex-ministro per i Beni e le attività culturali e il turismo. La Di Biase, però, nega: “Né personalmente né a nome di Obiettivo Cinque ho mai avuto interlocuzioni con politici, finalizzate all’approvazione della certificazione di parità nel codice dei contratti. Inoltre non ero in Parlamento quando è stata approvata la legge”.

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