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Sabotaggio Rai contro Giorgia Meloni: il video-tarocco, scoppia il caso

Estratto dall’articolo di Andrea Valle per LiberoQuotidiano

Telekabul si è spostata a Rainews 24. Il direttore è Paolo Petrecca, in quota centrodestra, ma la maggioranza della redazione è più rossa dell’esercito cambogiano degli khmer, dai quali ha mutuato la tattica della guerriglia selvaggia. Tranelli, sabotaggi, pugnalate alle spalle, montature di casi inesistenti, colleghi messi ingiustamente all’indice, veline false che infamano l’azienda confezionate per giornali anti-governativi che le pubblicano in modo poi che il sindacato interno della tv pubblicale possa cavalcare.

Ecco cosa è successo. Siamo nell’estate scorsa. Nel corso della sua rassegna stampa serale di oltre mezz’ora, il conduttore Massimiliano Melilli (nella foto) ha fatto il seguente passaggio sullo scontro tra governo e magistratura: «È bastato che il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, annunciasse i capisaldi della riforma perché scoppiassero due nuove vicende, quella di Delmastro e quella della Santanchè; con sotto traccia anche il caso che riguarda il figlio del presidente del Senato, Ignazio La Russa». La frase è stata estrapolata dal servizio, decontestualizzata e riconfezionata attraverso il sistema informatico aziendale da un giornalista appartenente al sindacato rosso, l’Usigrai, che si è poi peritato di inviare i 37 secondi capziosamente isolati a vari giornali. Repubblica ha ripreso l’elaborato e lo ha rilanciato con questo titolo: “Cronaca amputata e servizi pro-governo, i giornalisti di Rainews si rivoltano”.

LA STRATEGIA

L’intento era montare un caso e attaccare il direttore Petrecca, ma la vicenda si è rivelata un boomerang. I cronisti Rai di area centrodestra hanno denunciato l’accaduto e svelato il tentativo di sabotaggio del governo a opera della parte più faziosa della redazione di viale Mazzini. La vicenda è stata quindi cavalcata, anziché dal Pd, dai parlamentari di centrodestra Lupi e Gasparri, che hanno presentato un’interrogazione alla Commissione di Vigilanza Rai. L’azienda pubblica ora deve indagare internamente e fornire una spiegazione, ma c’è poco da scoprire. Il punto è che il sindacato rosso ha scatenato una guerra per bande contro il direttore e, pur di rendergli la vita difficile, non esita a infamare colleghi ed esporli al pubblico ludibrio usando i mezzi dell’azienda per alterare la realtà e veicolare all’esterno un’immagine della tv pubblica come di un fortino meloniano.

Nell’occhio del ciclone quindi, anziché il povero Melilli, ora è finito il trinariciuto sindacalista, che potrebbe rischiare perfino il licenziamento per aver usato, con quel suo taglia e cuci malandrino, mezzi aziendali allo scopo di danneggiare l’immagine dell’azienda e per aver condizionato e alterato capziosamente la percezione della realtà. Ad aggravare la posizione di “khmer mani di forbice” ci sarebbe poi il fatto, come fanno notare i giornalisti d’area centrodestra, che il manipolatore è un membro del comitato di redazione e quindi il suo mandato sarebbe aiutare i colleghi, indipendentemente dalle loro opinioni politiche, anziché metterli in difficoltà. Naturalmente però di tutto questo l’Usigrai, uso a far le pulci e dare lezioni di etica giornalistica su ogni cosa, non dice nulla. Silenzio imbarazzato. Ieri il sindacato rosso si è limitato a un comunicato sui tagli al personale (la Rai ha a contratto oltre tremila giornalisti, duemila dei quali assunti!), che a causa della vicenda qui esposta potrebbe perdere un’unità.

CASUALITÀ

Il caso vuole che la questione sia esplosa proprio nel giorno in cui Giorgia Meloni punta il dito contro la stampa progressista e accusa Repubblica di inventarsi retroscena di suoi litigi sulla manovra finanziaria con il leader leghista, Matteo Salvini, mai avvenuti. Finché a confezionare finti servizi e a montare casi sul nulla è un giornale di proprietà privata e dichiaratamente anti-governativo, la cosa non è edificante ma almeno non è a spese del contribuente. Ben diverso è che i giornalisti di sinistra della Rai ritengano la tv pubblica un loro fortino da difendere con qualsiasi mezzo. Nella fattispecie, la Rai è in subbuglio perla sostituzione di tre vicedirettori andati in pensione su sedici che ce ne sono. Contro le nuove nomine sono stati indetti scioperi delle firme che non hanno avuto un’adesione bulgara come fino a qualche tempo fa accadeva e questo ha irritato molto Usigrai e compagni.

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