Estratto dall’articolo di Augusto Minzolini per IlTempo

Ora tutti prenderanno in giro Giorgia Meloni per la burla dei due comici russi di cui é stata vittima, si leverà il solito coro di critiche che accompagna queste vicende. Io, invece, la penso in tutt’altro modo, il Premier italiano ha detto una veritá, magari scomoda ma che in un mare d’ipocrisia fotografa pienamente la realtà: la guerra in Ucraina é durata fin troppo, siamo in una situazione di stallo che costa vite; e in una fase internazionale drammatica per lo scoppio di una nuova guerra é necessario trovare una soluzione, un compromesso che salvaguardi in via prioritaria l’indipendenza di Kiev per l’oggi e per il domani. Che l’abbia detto a un falso leader africano poco importa, quel che conta é che «la stanchezza» con cui si guarda a quel conflitto, di cui ha parlato la Meloni, é la rappresentazione esatta dell’umore delle opinioni pubbliche occidentali. E il primo che ne dovrebbe essere consapevole – per il suo bene e per quello dell’Ucraina – é Zelensky visto che nel volgere di un anno l’argomento potrebbe condizionare non poco due appuntamenti elettorali importanti in Europa e negli Stati Uniti e cambiarne l’atteggiamento.

Si tratta di un’eventualità tutt’altro che peregrina. Ragion per cui sarebbe necessario tracciare un bilancio serio di questa guerra che Putin, bisogna essere chiari su questo punto, ha già perso: il padrone del Cremlino voleva un’Ucraina ridotta a provincia della Russia e un governo fantoccio che la governasse in sua vece; non ha avuto né l’uno, né l’altro, anzi il conflitto ha forgiato l’Ucraina come una nazione vera, gelosa e orgogliosa della propria indipendenza. Questa era la ragione per cui tutto l’Occidente era corso in aiuto di Kiev, non certo per la liberazione del Donbass o della Crimea. La Storia insegna che a volte per diventare una nazione o per garantirsi la libertà bisogna imporsi dei sacrifici, nessuno lo sa più di noi italiani che sull’altare della nostra indipendenza e della nostra libertà abbiamo sacrificato Nizza e l’Istria. Semmai Zelensky dovrebbe chiedere altro, cioè le garanzie per salvaguardare il suo Paese anche in futuro. E qui l’unica strada è l’ingresso nella Nato che, nei fatti, sarebbe un altro smacco allo Zar che cominciò la guerra proprio per scongiurare una simile ipotesi.

È questa la richiesta che Kiev dovrebbe avanzare ai suoi partner occidentali e non certo perseguire l’ossessione di una riconquista del Donbass che, senza contare il fiume di sangue versato, non é nelle condizioni di avere. Invece, l’adesione all’Alleanza Atlantica é una pretesa giusta, per non dire legittima che l’Ucraina si é conquistata coni lutti della sua gente e una coraggiosa resistenza. E nessuno né Biden, né i governi europei potrebbero negargliela se vogliono essere un minimo coerenti con le dichiarazioni, i proclami, la retorica e gli impegni che si sono assunti in quasi due anni di guerra. Un po’ di realpolitik in questi frangenti non guasterebbe pure a Kiev. Anche perché solo un folle non si renderebbe conto di come e quanto la crisi medio-orientale abbia modificato lo scenario internazionale. Un conflitto drammatico di cui ora é difficile prevedere le conseguenze. Ecco perché sulle parole della Meloni bisognerebbe riflettere.

Trasformare una guerra in una scelta ideologica é un errore senza pari e fa perdere il dono del realismo e del buonsenso. Né si può immaginare una guerra senza fine nel cuore dell’Europa: le guerre dei trent’anni ma anche dei cinque o dei tre nel nostro continente hanno fatto il loro tempo, sono un bagaglio dello scorso millennio.

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